Diciamocela tutta, la spinta propulsiva costituita dal calcio gasperininano, tutto corsa, verticalizzazioni, la difesa magari un po’ allegra, ma dozzine di occasioni da goal ogni partita, era finita già lo scorso anno. I primi tre anni sono stati favolosi, un crescendo rossiniano, partito da una promozione diretta quasi miracolosa, una ampia salvezza con vista Europa l’anno dopo e poi una Champions League sfiorata con la punta delle dita, con due fuoriclasse come Motta e Milito a dettare le danze di uno dei Genoa più belli di sempre.
Poi qualcosa si è inceppato. Io non credo mai che questo tipo di cose abbiano una spiegazione sola, probabilmente ne hanno molte, tutte piccole, ma che sommate portano ad una frattura. Da un lato ci sono le ovvie ragioni di Gasperini. Sono stati ceduti Motta, Milito e Ferrari ovvero la spina dorsale di una squadra formidabile, per essere
sostituiti da Esposito, Kharja e Floccari. Oggettivamente non ci voleva un aruspice per indovinare che le cose, per avere risultati anche lontanamente simili a quello dell’anno prima, sarebbero dovute andare tutte più che bene. Invece, complice l’inesperienza a giocare su tre fronti, complice la grandinata di infortuni a cui si è dovuti far fronte, giocando spesso, se non sempre in emergenza, hanno fatto il resto. Una stagione complicata, costellata di partite sciagurate e di qualche magra soddisfazione (come il derby d’andata) e con una qualificazione Uefa ampiamente alla portata vanificata dalla scelta veramente deteriore di giubilare Amelia (che di suo non stava facendo chissà che campionato memorabile) per metterere dentro Scarpi il quale ha ripagato questa improvvisa fiducia sulla ribalta europea prendendo due goal da comiche nella partita decisiva dell’anno.
A questo si aggiungano i pubblici mal di pancia di Gasperini che non ha mai fatto mistero di non aver gradito affatto il mercato estivo.Quest’estate si sperava che le cose si fossero rimesse insieme con il nastro adesivo. Gasperini è un grande tecnico, Preziosi e tutta la piazza gli sono debitori di tre annate maiuscole, quindi perchè buttare a mare il bambino con l’acqua sporca, quando magari si può rimediare una situazione che sembra compromessa? Io a questa cosa invero non ho mai creduto. Se a qualcuno dei miei 25 lettori è capitato di essere tradito in amore, se anche si prova a ricucire il rapporto, il tradimento non è mai superato ne superabile del tutto, le scorie della fiducia tradita e delle cose dette più del dovuto (o non dette quando lo sarebbero state) sono difficilissime da smaltire e quasi mai quello che viene fuori dopo è un rapporto solido come lo era prima. E’ la storia antica del vaso rotto. Per bene che lo si riaggiusti, non sarà mai più lo stesso.
In più si aggiungano alcune scelte in fase di mercato che, condivise o meno che fossero dal settore tecnico, ancora oggi appaiono incredibili.
In primo luogo: il centravanti. Ci siamo tuffati senza rete sulle spalle larghe e robuste di Luca Toni. Grande centravanti, ma non certo un giovincello, con un ingaggio monstre che da solo è la metà di tutta la rosa del Cesena, un omone che anche quando va tutto bene qualche acciacco lo accusa (non fosse altro che per la mole che ha e le botte che prende). Il suo sostituto? Il nulla. Avevamo in casa Meggiorini, Acquafresca, Chinellato, Boyake e Aleksic, abbiamo avuto l’alzata d’ingegno di farci prestare un primavera dall’Inter. Gli affari sono affari, è chiaro, però poi col cerino in mano ci resta l’allenatore.
In secondo luogo: il mediano. Siamo andati avanti appesi alle terga di Juric ( e qui la colpa è tutta del mister ) che non ha mai voluto sentir parlare di sostituti di rimpiazzi di eredi. Il ragazzo di Spalato, che da vero uomo si è reso conto di non stare più in piedi e si è ritirato, ha cantato e portato la croce per 4 anni, senza nessun rincalzo adeguato, costretto a giocare anche con le rotule sopra le orecchie. Il risultato è che il centrocampo da due anni è un colabrodo, che costringe la difesa, già schierata con una rischiosa “tre” a figuracce interplanetarie. Ora l’unico di ruolo che abbiamo è questo ragazzo argentino di ottima prospettiva ma che nel presente sembra ancora un po’ troppo casinaro.
A questo si aggiunga che il mister conosce un solo modo di giocare. Che abbia gli uomini o che non li abbia. Altri più autorevoli di me lo hanno scritto, addirittura ho letto una divertente metafora sul Secolo di qualche giorno fa: se ti si rompono le uova non puoi fare la pasqualina. E invece no, piuttosto che rinunciare, ci mettiamo dei surrogati. Terzini che fanno i mediani, terzini che fanno gli attaccanti, terzini che fanno i difensori centrali. Il tutto pur di non recedere di un millimetro dal manicheismo delle tre punte e dei tre difensori.
Sapersi adattare alle emergenze è un valore aggiunto, così come lo sono tanti altri.
Il mister non ha saputo rinnovarsi, questo è stato il suo difetto più grande. Ha voluto sempre e solo fare di testa sua a modo suo, anche nei rapporti interpersonali con vari giocatori che avrebbero invece potuto fare al caso nostro e non ci avrebbero costretti a sostituirli sul mercato: Di Vaio, Gasbarroni, Amelia, Floccari, Figueroa…. ragazzi che non sono certo peggio, calcisticamente, di tanta gente che abbiamo visto giocare anche in condizioni di forma disastrose.
Io, devo dire la verità, ho iniziato ad essere molto infastidito da questo atteggiamento dopo un 3-0 all’olimpico, in cui abbiamo finito con Fatic e Tomovic come esterni d’attacco. Vale a dire due difensori centrali, evolutisi in terzini che ha avuto l’ardire di mettere all’attacco. Il che, si badi, se tu si di essere più debole del tuo avversario e vai a difendere il punto con le unghie e con i denti, sta anche bene. Ma andare a giocare spregiudicati con due stopper a fare l’ala, e prendere tre goal e tutti a casa, è qualcosa che travalica la mia comprensione del calcio.
Detto tutto questo la decisone di esonerarlo è per lo meno intempestiva. O troppo presto o troppo tardi. O si diceva a fine anno scorso: vabbeh, quest’anno è andato così, riproviamo il prossimo e poi lo si finiva in ogni caso (giusto salvo rischi in zona rossa) oppure non gli si davano più chances e lo si mandava subito finito il campionato.
Farlo così, alla vigilia di un turno infrasettianale già cruciale, sembra più una decisione di pancia che di testa. Di quelle che raramente ti fanno andar lontano.
Ballardini è un allenatore che quando è subentrato ha sempre fatto benone. Non è uno che inventa calcio, gioca un 4-4-2 sacchiano, e mette, sopratutto, ogni giocatore nel suo ruolo. Sono sicuro che chiederà un “cagnaccio” per il centrocampo e un vice Toni per gennaio. Sul fatto di fargli cominciare la prossima stagione invece, ho i miei dubbi.
Contributo di layos pubblicato su grifoni.org il giorno 08/11/2010 in occasione dell’esonero di Gasperini