Tutte le volte che approdiamo all’Olimpico, nel Colosseo ferale, veniamo sbranati , sommersi di morsi e soprusi oppure quando resistiamo con onore veniamo sbeffeggiati da qualche proconsole imperiale vestito da arbitro che decreta pollice giù e ci finisce senza possibilità d’appello.
L’ecatombe avviene sempre quando giochiamo con i giallorossi , la perla della capitale , la squadra di Andreotti , Ciarrapico e della banda della Magliana, mentre miglior sorte ci accade quando ad accoglierci sono le aquile coccodè del grande Lotito ( un uomo che con i suoi diktat riesce a fa promuovere il Carpi e probabilmente anche il Frosinone ).
Veniamo dalla grande impresa di San Siro dove abbiamo maramaldeggiato e la Roma , nonostante l’ultima vittoria col Sassuolo , attraversa una fase di declino come il tardo impero di Romolo Augustolo.
Gasperini dopo le scintillanti scelte col Milan , con la soluzione indovinata di Bergdich nel tridente , propone anche Laxalt sull’altro lato , lasciando che Iago Falque si goda il cielo romano dalla panchina fischiettando stornelli primaverili.
Optiamo per una copertura gladiatoria , col solo Niang a tentare l’assalto al palco imperiale
C’è qualche approssimazione negli scambi ma il Genoa regge bene l’impatto della Roma.
Ancora prima che ci porgano il libretto di scena ci accorgiamo purtroppo che le nostre proiezioni offensive si infrangono sui piedi di Bergdich in versione Mesto o si appoggiano su un Niang che giostra al limite dell’area ma non è in grado di vedere la porta.
L’approssimazione negli scambi provoca qualche pericolosa accelerazione della Roma , che però si rende pericolosa solo su un tiro di Naingollan su percussione di Gervinho.
C’è materia per un trattato sullo zero a zero sicuro ma Roncaglia al 34′ si ricorda che era da qualche partita che non si parlava di lui come uomo match.
E’ lui ad appoggiare comodamente a Dumbià che trafigge l’incolpevole Perin.
La muraglia gasperiniana per arginare le legioni romane ha funzionato solo in parte , c’era una falla , di cui purtroppo hanno approfittato.
Nel corso del secondo tempo si ritorna a un tridente più classico , quasi scolastico , con Falque e Lestienne , retrocedendo Bergdich a terzino .
Le soluzioni ciceroniane però non sortiscono effetti , anche se al 56′ Falque effettua il primo tiro in porta del Genoa , una conclusione pericolosa parata da De Santis.
Il macinare gioco come esametri latini di difficile lettura, porta spesso Falque sul fondo a destra e Lestienne a stoppare male la palla sulla sinistra, ma le possibilità di non finire per l’ennesima volta sbranati latitano.
La Roma è un po’ sulle gambe ma riesce in ogni caso a portare qualche contropiede pericoloso.
In uno di essi Roncaglia tenta di abbattere Torosidis in area ma l’arbitro opta per la recita e ammonisce il greco
Falque sul finale ha una palla discreta ma il tiro viene smorzato e Gasperini, fra l’ovazione del pubblico patrizio e plebeo, manda in attacco De Maio.
La soluzione finale della giostra crudele viene però orchestrata da Tino Costa, subentrato a Bertolacci , che decide che Florenzi , con il suo nome primaverile , possa chiudere i ludi scenici con un gol da applausi.
Cala il sipario e come sempre ne usciamo spolpati , ma con serenità.
Forti del fatto di avere sconfitto i galli meneghini mercoledì scorso, ci avviamo al finale di campionato che recita meno quattro partite.
Due rivali per l’Europa passano da Marassi.
Preziosi non ha ancora dichiarato nulla sulla sua avversione per i voli charter che vadano oltre Lugano
Oggi non è stato un Genoa brillante , è stato un Genoa scialbo e opaco , come la vita quotidiana lenta e strascicata che si svolge fra i perditempo di Trastevere.
Speriamo sia stata solo una parentesi primaverile, una celebrazione inconsapevole del primo maggio con viaggio premio a Roma.
Contributo di tidon grifo pubblicato su grifoni.org il 03/05/2015 in occasione di Roma-Genoa